Attività fisica e diabete di tipo 2

Il diabete di tipo 2 è una malattia che si sta diffondendo sempre di più, soprattutto nei Paesi industrializzati, ma anche in quelli in via di sviluppo. Questo continuo aumento di persone diabetiche ha un costo economico, soprattutto per la sanità: per questo, si sta cercando una strategia che sia al contempo efficace e sostenibile.

Malgrado esistano dei farmaci, la dieta equilibrata e l’attività fisica sembrano essere l’approccio più soddisfacente. Alcuni studi hanno evidenziato che, con soli 7 giorni di esercizio fisico, il metabolismo sembra migliorare. Purtroppo, questi effetti non si mantengono a lungo termine, per questo è estremamente importante che l’attività fisica venga svolta in maniera continua.

Qual è l’esercizio fisico migliore?

La maggior parte degli studi parlano dell’attività aerobica come il miglior farmaco contro questo tipo di diabete. Per attività aerobica si intende un’attività continua che mette in azione grandi gruppi muscolari come ad esempio: camminare, correre, o andare in bicicletta. Gli allenamenti devono essere svolti per un minimo di 30 minuti. Le sedute vanno da 3 allenamenti settimanali fino ad un’attività giornaliera. Tale esercizio non solo favorisce il consumo di glucosio, abbassandone così i livelli nel sangue, ma migliora anche l’attività cardiovascolare.

Nelle sedute di allenamento, possono essere introdotti anche gli esercizi contro resistenza, che utilizzano pesi liberi, macchine da palestra o addirittura il peso corporeo (come squat, affondi a corpo libero, piegamenti sulle braccia). Tali esercizi aiutano il mantenimento della massa muscolare e delle ossa, oltre a tenere sotto controllo i livelli di glucosio nel sangue. Inoltre, si è visto che l’allenamento contro resistenza non solo favorisce la sensibilità all’insulina, ma con questo allenamento il muscolo sembra trattenere più scorte di zucchero (sotto forma di glicogeno muscolare) al suo interno.

Negli ultimi anni, la ricerca in realtà si è spostata verso una nuova tipologia di allenamento: l’HIIT (allenamenti intervallati ad alta intensità). Tali allenamenti prevedono da 4 a 6 ripetizioni brevi al massimo sforzo, intervallati da brevi periodi di riposo o recupero attivo. Questo tipo di allenamento migliora la capacità ossidativa del muscolo scheletrico, il controllo glicemico e la sensibilità all’insulina. I risultati degli studi dicono che gli effetti degli HIIT siano addirittura migliori rispetto al solo allenamento aerobico.

Per quanto riguarda la frequenza di allenamento si consiglia 3/4 sedute settimanali per una durata che può andare da 30 a 60 minuti a sessione, con un’intensità del 50-80% del VO2max. Già solo svolgendo questo programma, i vantaggi sul metabolismo dei carboidrati e sulla sensibilità insulinica sembrano mantenersi per almeno 5 anni.

È fondamentale quindi fare attività fisica non solo per gestire i livelli di zuccheri nel sangue, ma anche per gli effetti che si hanno sul tessuto adiposo. Infatti, con la perdita di peso e la riduzione della massa grassa, c’è anche una riduzione dei livelli di infiammazione, una sorta di infiammazione cronica di basso grado, di cui soffrono i diabetici e che sembrerebbe essere alla base dell’aumentato rischio di malattie cardiovascolari.

È molto importante però affidarsi sempre ad uno specialista del settore del movimento, soprattutto quando si praticano le attività contro resistenza e l’high intensity interval training. Queste due tipologie di allenamento, essendo più intense e potenzialmente rischiose, andrebbero svolte sempre monitorate da un personal trainer con laurea in scienze motorie e preventivamente autorizzate dal medico che ha in cura il paziente. 

È importante che si sappia l’ora in cui si assumono i farmaci e che tipo di farmaci siano in uso o se sono presenti delle complicanze cardiovascolari.

Soprattutto è bene controllare la glicemia ad inizio seduta, durante e alla fine dell’allenamento poiché l’allenamento può provocare ipoglicemica a causa dell’utilizzo del glucosio a livello muscolare e del miglioramento della sensibilità insulinica mentre alcuni ormoni che normalmente vengono rilasciati durante l’attività fisica come l’adrenalina possono portare a iperglicemia.

Cos’è il diabete di tipo 2

Per comprendere le linee guida su diabete di tipo 2 e sport è necessario capire cos’è questa patologia e quali conseguenze provoca all’organismo.

È una malattia cronica, che si verifica con un aumento di zuccheri nel sangue. Si ha il diabete quando la glicemia (cioè il valore di glucosio nel sangue) supera i 126 mg/dl, mentre i valori normali si attestano attorno ai 60/100 mg/dl.

Esistono due tipi di diabete che differiscono tra loro: il tipo 1 e il tipo 2

Per quanto riguarda il diabete tipo 2, a mancare non è l’insulina (tipo 1), ormone secreto da particolari cellule del pancreas, soprattutto dopo i pasti, ma a non funzionare sono i recettori dell’insulina. Infatti, dopo un pasto, è normale che i livelli di glucosio salgano, per questo il pancreas avvertito da particolari “cellule sentinella” si aziona per produrre l’ormone ipoglicemizzante. L’insulina in circolo si lega a precisi recettori, che si azionano e permettono l’entrata degli zuccheri all’interno del muscolo e degli organi. Così, è stabilito nuovamente il livello normale di glucosio. Nei diabetici questo meccanismo va in tilt fino ad arrivare all’iperglicemia con seri danni, se prolungato nel tempo. Infatti, nel diabete di tipo 1, il pancreas non secerne insulina nella giusta quantità, invece, nel diabete di tipo 2 i recettori che si legano all’insulina possono mancare oppure non sono più in grado di riconoscere l’ormone.

Principali cause di insorgenza e conseguenze

Il tipo 2 ha insorgenza tardiva. Se non si svolge una vita attiva già entro i quaranta anni, si può soffrirne, a differenza del diabete di tipo 1 che viene definito infantile. Le principali cause del diabete di tipo 2 sono di tipo ereditario e ambientale. Seppur non ancora ben chiarito, sembra che esistano fattori ereditari che espongano alcune famiglie a tale patologia.

Affianco a tali cause, da non sottovalutare sono i fattori di rischio. Questi, infatti, riescono ad influenzare anche le cause ereditarie. Tra i principali fattori di rischio troviamo:

  • vita sedentaria;
  • obesità;
  • età avanzata;
  • stress;
  • valore dei trigliceridi;
  • ipertensione.

Essendo una malattia che insorge in età adulta, spesso purtroppo i sintomi non sono subito evidenti. Questo porta ad un serio problema perché l’iperglicemia, mantenuta per un tempo prolungato, potrebbe compromettere alcuni organi. La diagnosi avviene talvolta per caso e quando le complicanze sono già in stato avanzato.

Le conseguenze possono essere veramente dannose soprattutto a carico di alcuni organi, ad esempio:

  • agli occhi. Chi ha il diabete può andare incontro a problemi alla vista, a tal punto da diventare cieco. Le complicanze che possono insorgere sono: la retinopatia, ossia un danno ai vasi sanguigni che arrivano alla retina; la cataratta, ossia una malattia che offusca la retina; infine, il glaucoma, ossia la pressione troppo alta dell’occhio;
  • ai reni. Il diabete può creare un’insufficienza renale, in quanto può danneggiare i vasi sanguigni renali.

Il diabete non colpisce solo degli organi specifici, ma può colpire anche tutto il sistema cardiovascolare (vasi sanguigni e cuore), infatti chi ne soffre ha un aumentato rischio di andare incontro ad ictus o infarto. Anche il sistema nervoso può essere compromesso dall’iperglicemia. I messaggi nervosi potrebbero non arrivare, soprattutto a mani e piedi, dando luogo a neuropatie.

L’importanza dell’attività fisica

A differenza del diabete di tipo 1, per il tipo 2 la cura insulinica non sempre porta ad ottimi risultati, anche se spesso rimane l’unica possibile. Sono invece fondamentali il mantenimento di una dieta equilibrata e uno stile di vita attivo con costante pratica dell’attività sportiva. Infatti, la dieta non solo serve a cercare di mantenere i normali livelli di glicemia, ma anche a tenere sotto controllo il peso corporeo e i livelli di trigliceridi bassi. L’attività sportiva invece aiuta a controllare la glicemia, oltre al peso corporeo.

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